PREMESSA Il cambiamento climatico sta seriamente compromettendo la futura sostenibilità ambientale ed economica a livello globale, comportando, allo stesso tempo, variazioni nel mercato del lavoro. È attualmente operativo il Piano Nazionale di Prevenzione (PNP) 2020-2025, adottato dal Ministero della Salute, che con un approccio multidisciplinare si occupa, tra l’altro, di individuare le principali sfide relative al cambiamento climatico anche in relazione ai contesti lavorativi e produttivi e all’impatto sulla salute e sulla sicurezza nei luoghi di lavoro e di riflesso sul territorio. I “cambiamenti climatici ed eventi meteorologici estremi” sono espressamente presi in considerazione dal PNP quali “Fattori di rischio/Determinati”.
A ciò si aggiunga che, nell’ambito della gestione dei rischi causati dall’esposizione a temperature estreme, sia calde che fredde, è stata effettuata una ricerca specifica nell’ambito del Progetto BEEP, sviluppato in collaborazione fra INAIL, Dipartimento di Epidemiologia della Regione Lazio e CNR. In particolare, è stata sviluppata, a partire dagli anni 2006/2010, un’analisi epidemiologica che ha messo in relazione le temperature estreme (caldo e freddo) con gli incidenti sul lavoro registrati da INAIL in 8.090 comuni italiani nel periodo 2006-2010.
Lo studio ha rilevato effetti significativi sul rischio di infortunio occupazionale. Alla luce degli scenari di cambiamento climatico si considera la protezione dei lavoratori dai rischi di infortunio connessi alle temperature come una priorità. Tra le prospettive di ricerca future è importante sviluppare un sistema di allerta caldo attraverso previsioni personalizzate degli effetti della temperatura sui lavoratori “in un modello meteorologico previsionale deterministico a elevata risoluzione spaziale e temporale”, tenendo in considerazione il tipo di attività fisica, l’ambiente di lavoro, i dispositivi di protezione individuali, le criticità organizzative.
EFFETTI SULLA SALUTE E SICUREZZA L’aumento della temperatura ambiente media previsto con i cambiamenti climatici può avere un impatto significativo sui luoghi di lavoro. Gli eventi di calore estremo possono causare problemi di salute significativi come esaurimento da calore, colpo di calore e altre malattie legate allo stress da calore. Temperature più elevate per periodi di tempo più lunghi possono anche aumentare il rischio
di lesioni dovute ad affaticamento, mancanza di concentrazione, scarsa capacità decisionale e altri fattori. Può anche verificarsi una riduzione della produttività. L’aumento delle temperature può causare un aumento dei livelli di stress nei lavoratori, compresi i lavoratori coinvolti nei servizi di emergenza e i lavoratori all’aperto che devono lavorare con orari modificati per evitare periodi di alta temperatura. Alcuni materiali e attrezzature possono anche essere influenzati da temperature più elevate e una maggiore esposizione a sostanze chimiche può essere correlata al lavoro in ambienti caldi, ad esempio quando si lavora con solventi e altre sostanze volatili. Infine, temperature più calde possono aumentare i livelli di inquinamento atmosferico e le esposizioni nocive per i lavoratori, come l’ozono troposferico e il particolato fine (ad esempio, lo smog) e favorire l’accumulo
di contaminanti atmosferici dovuti al ristagno dell’aria. Tutti i lavoratori hanno diritto a un ambiente in cui i rischi per la loro salute e sicurezza siano adeguatamente controllati e la temperatura sul lavoro è uno dei rischi che i datori di lavoro dovrebbero valutare se il lavoro viene svolto all’interno o all’esterno. Questo documento fornisce indicazioni pratiche su come gestire i rischi associati al lavoro in calore e informazioni su cosa fare se un lavoratore inizia a soffrire di una malattia legata al calore.
SETTORI DI ATTIVITÀ COINVOLTI Di seguito si riportano, a titolo esemplificativo ma non esaustivo, i settori di attività a maggior rischio, in accordo anche con quanto indicato dall’European Climate and Healt Observatory
Lavoratori all’aperto
Lo stress da calore è un rischio significativo per i lavoratori all’aperto, soprattutto quando svolgono un intenso lavoro fisico con esposizione diretta alla luce solare e al calore in settori come l’agricoltura, la silvicoltura, la pesca, l’edilizia, l’estrazione mineraria, i trasporti e la manutenzione e la fornitura di servizi pubblici. Le persone che lavorano all’aperto sono anche a rischio di una maggiore esposizione ai raggi UV in un clima che cambia, il che aumenta il rischio di scottature solari e, in ultima analisi, di cancro della pelle. In Europa, i lavoratori all’aperto sono più a rischio di cancro della pelle rispetto ai lavoratori al chiuso con un tipo di pelle simile. L’esposizione diretta alla radiazione solare può anche compromettere le prestazioni motorio-cognitive e aumentare il rischio di lesioni. A causa del cambiamento climatico, la portata geografica degli agenti patogeni e dei vettori di trasmissione (ad es. zecche o zanzare) si sta espandendo. Ciò espone i lavoratori all’aperto in molte professioni a rischio di malattie infettive trasmesse da vettori, comprese malattie già diffuse in Europa e che stanno diventando sempre più diffuse a causa del cambiamento climatico (ad es. encefalite) e quelle precedentemente non endemiche in Europa come la febbre della Rift Valley, la febbre gialla, la malaria, ecc..
Agricoltura e silvicoltura
La popolazione agricola è esposta a rischi particolarmente gravi a causa dei cambiamenti climatici. Le attività fisiche ad esse connesse aumentano il tasso metabolico e la generazione di calore interno, che alla fine si traduce in un maggiore stress da calore.
Industria di costruzioni
I lavoratori del settore edile spesso operano all’interno di aree soggette all’effetto dell’isola di calore urbana (ovvero, temperature più elevate nelle aree urbane rispetto a quelle rurali a causa del cemento e dell’asfalto, delle attività umane e della mancanza di vegetazione ombreggiante). Le attività fisicamente impegnative dei lavoratori edili aumentano il loro tasso metabolico e la generazione di calore interno, che alla fine si traduce in un maggiore stress da calore.
Operatori di emergenza
Gli eventi meteorologici estremi possono colpire seriamente gli operatori di emergenza, compresi i vigili del fuoco, gli agenti di polizia, il personale medico di emergenza e gli psicologi e, in caso di catastrofi gravi, anche i soccorritori, i tecnici, il personale militare, le forze antiterrorismo, i body handler, gli addetti alle pulizie, i lavoratori edili e volontari.
Lavoratori interni
Anche i lavoratori indoor sono a rischio di stress climatico che può aumentare durante le ondate di caldo, in particolare coloro che lavorano in edifici scarsamente raffreddati o in ambienti con elevata produzione di calore industriale, svolgono lavori fisici pesanti o devono utilizzare DPI in condizioni di caldo. Ciò include i settori dell’elettricità, del gas e dell’approvvigionamento idrico e manifatturiero (ad esempio, di metalli). Le alte temperature aumentano anche i livelli di CO2 indoor che possono ridurre le capacità cognitive. Le alte temperature in combinazione con gli inquinanti dell’aria interna possono anche peggiorare la cosiddetta “sindrome dell’edificio malato”.
Operatore sanitario
Per gli operatori sanitari, l’uso di DPI in condizioni di caldo può contribuire involontariamente allo stress da calore. L’elevata domanda di assistenza sanitaria durante le ondate di caldo può portare a carichi di lavoro elevati, condizioni stressanti e fisicamente impegnative per gli operatori sanitari. Inoltre, il personale sanitario europeo sta invecchiando, diventando quindi più vulnerabile allo stress da caldo e ad altri rischi per la salute e la sicurezza sul lavoro.
Sistema di protezione nazionale
Il decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81 fornisce il quadro per la protezione dei lavoratori. I datori di lavoro devono effettuare una valutazione dei rischi sul luogo di lavoro e stabilire misure preventive per proteggere i lavoratori da qualsiasi rischio sul luogo di lavoro, seguendo una gerarchia di controllo e dando priorità alle misure tecniche e organizzative rispetto a quelle personali. La valutazione del rischio di cui all’articolo 28 del decreto legislativo n. 81 del 2008 deve includere tutti i rischi per la salute e sicurezza, anche in relazione a quanto disposto dall’articolo 180 in materia di microclima. Nelle attività ricadenti nel campo di applicazione del Titolo IV del citato decreto legislativo 81 del 2008 (cantieri temporanei o mobili), il Coordinatore per la progettazione, qualora previsto, all’atto dell’elaborazione del Piano di sicurezza e di coordinamento (PSC) dovrà prendere in considerazione anche il rischio microclima, in quanto le misure di prevenzione e protezione da attuare incidono sull’organizzazione del cantiere, sul suo allestimento, sulle lavorazioni e la loro interferenza (cfr. allegato XV, punto 2.1.2, lett. c), decreto legislativo n. 81 del 2008). Nell’ambito del PSC potranno, pertanto, essere previste misure di prevenzione idonee al fine di ridurre il rischio come, ad esempio, la presenza di aree di ristoro adeguate alle pause, la variazione dell’inizio delle lavorazioni, ecc.
Anche i datori di lavoro delle ditte in appalto dovranno prevedere, all’interno dei relativi POS, misure specifiche di organizzazione delle lavorazioni in cantiere, quali, ad esempio, l’idoneità dei DPI alla stagione in corso, la possibilità di pause o l’anticipo/posticipo delle lavorazioni, la fornitura di bevande, l’accesso all’ombra, ecc., come previsto dall’articolo 96, co. 1, lett. d), decreto legislativo n. 81 del 2008. Di seguito si riportano le indicazioni sulle misure che posso essere adottate per specifico settore. Per l’indagine sulla valutazione dei rischi da stress termico e l’individuazione delle relative misure di mitigazione, alla documentazione consultabile sul Portale agenti fisici nella sezione “Microclima”, ai contenuti informativi reperibili qui.
MISURE DA ADOTTARE
Ambienti indoor
Il rischio di stress termico sul luogo di lavoro può essere ridotto attraverso misure tecniche e organizzative e istituendo un piano d’azione per il calore. Iniziare con misure collettive e, se necessario, integrarle con misure individuali, ad esempio per affrontare rischi aggiuntivi per i lavoratori vulnerabili, nonché adozione di misure organizzative quali ad esempio, modifiche alle attività o agli orari per ridurre lo stress da calore. Nell’ambito della valutazione del rischio dovrebbero essere anche inclusi i rischi connessi all’uso di indumenti protettivi contro le radiazioni UV o DPI. Le misure tecniche dovrebbero prevedere controlli tecnici, che potrebbero includere, a titolo esemplificativo e non esaustivo:
– adattamento dei processi di lavoro, ad esempio riducendo il rilascio di calore;
– utilizzo di schermature o barriere riflettenti o termoassorbenti;
– isolare o racchiudere processi, macchinari o impianti che generano calore (o separarli dai lavoratori);
– fornitura di veicoli con cabine chiuse climatizzate (ad esempio su trattori, camion, caricatori, gru);
– ridurre l’umidità, evitare pavimenti bagnati, eliminare bagni di acqua calda aperti, scarichi e vapore;
– rimozione dell’aria riscaldata o del vapore dai processi caldi utilizzando la ventilazione di scarico locale;
– utilizzo di apparecchiature o processi automatizzati per accedere a luoghi caldi, ad esempio utilizzando un drone per ispezionare un terreno di fuoco;
– monitoraggio della temperatura;
– fornire ombra per ridurre il calore radiante del sole, ombreggiando i lavoratori dalla luce solare diretta con tende o utilizzando pellicole riflettenti sulle finestre;
– utilizzo di superfici non riflettenti per evitare la riflessione UV nell’area di lavoro;
– fornire aria di raffreddamento o condizionamento dell’aria e adeguata ventilazione, deumidificazione;
– fornire aree climatizzate, ombreggiate o di pausa fresca il più vicino possibile al cantiere;
– fornendo ventilatori, come quelli da scrivania, a piedistallo o a soffitto.
Ambienti outdoor
Negli ambienti outdoor è impossibile attuare modifiche dei parametri fisici ambientali che caratterizzano l’esposizione. In ragione della valutazione del rischio “microclima”, debbono essere, pertanto, predisposte opportune misure di prevenzione che permettano di ridurre al minimo i rischi connessi alle ondate di calore che possono incidere negativamente sullo svolgimento dell’attività lavorativa, provocando importanti conseguenze sulla salute, malesseri o anche infortuni.
Le misure possono prevedere:
– individuazione e formazione di un responsabile per la sorveglianza delle condizioni meteoclimatiche (attraverso la consultazione di siti dedicati) per attuare le misure di prevenzione individuate dal datore di lavoro;
– rendere disponibile sui luoghi di lavoro un termometro ed un igrometro;
– evitare il più possibile l’esposizione diretta alla radiazione solare utilizzando tettoie, anche mobili, che possano permettere di lavorare all’ombra;
– evitare il più possibile le lavorazioni durante le ore di maggior caldo, anticipando, ad esempio inizio dell’orario di lavoro alla mattina presto e prolungandolo nelle ore serali; se possibile destinare alle lavorazioni al coperto le ore centrali della giornata;
– se non sono necessari particolari DPI, fornire al lavoratore copricapo a falda larga ed indumenti leggeri e traspiranti; sconsigliati cappello con visiera (non protegge collo e nuca) e indumenti a maniche corte o pantaloni corti;
– nel caso di necessità di utilizzo di DPI che ostacolino la respirazione e l’evaporazione del sudore, come ad esempio nei cantieri di rimozioni di amianto, programmare e far eseguire pause di lavoro in ambienti ombreggiati ed evitate le ore più calde della giornata;
– consentire ai lavoratori di consumare i pasti in aree ombreggiate e, qualora presente il servizio mensa, limitando cibi grassi a favore di frutta e verdura, eliminando il consumo di alcool;
– rendere sempre disponibile acqua per i lavoratori, verificandone periodicamente la disponibilità nei pressi della zona della lavorazione in caso di cantieri o aree di grandi dimensioni. L’eventuale fornitura di integratori salini è subordinata al parere del medico competente;
– istruire i lavoratori in merito alla necessità di bere poco e frequentemente, anche in assenza del senso della sete;
– istruire i lavoratori sui possibili segnali di danno da calore e sulle possibili azioni da mettere immediatamente in atto;
– evitare, se possibile, il lavoro solitario.
Agricoltura e silvicoltura
Il datore di lavoro di aziende afferenti al settore agricolo, al fine di tutelare la salute e la sicurezza degli operatori deve valutare il rischio delle alte temperature, sia negli ambienti all’aperto che confinati, individuando le misure di prevenzione e protezione e pianificando l’attuazione delle stesse. Ogni attività deve essere settata su età, condizioni fisiche, resistenza allo sforzo. I lavori di maggior impegno fisico vanno programmati in orari e in luoghi a basso indice di soleggiamento (entro le 10 e dopo le 17), con temperature più favorevoli (<32.8°C), effettuando una rotazione oraria fra i lavoratori esposti, prevedendo pause in luoghi freschi ed evitando lavori in solitario. La temperatura e l’umidità devono essere rilevate costantemente con termometri ed igrometri.
I DPI devono essere adeguati all’attività svolta, alle condizioni climatiche e all’impegno fisico. Ogni lavoratore deve indossare abiti leggeri e traspiranti (non a pelle nuda), di colore chiaro, con copricapo e rinfrescarsi con acqua fresca e bere indipendentemente dallo stimolo della sete.
ULTERIORI INDICAZIONI
Resta ferma la possibilità per le aziende, nel caso di temperature elevate registrate dai bollettini meteo o “percepite” in ragione della particolare tipologia di lavorazioni in atto, di richiedere la cassa integrazione guadagni ordinaria evocando la causale “eventi meteo”. Si considerano elevate le temperature superiori a 35° centigradi. Nella domanda di CIGO e nella relazione tecnica da allegare, l’azienda deve solo indicare le giornate di sospensione o riduzione dell’attività lavorativa e specificare il tipo di lavorazione in atto nelle giornate medesime, senza necessità di produrre dichiarazioni che attestino l’entità della temperatura o di produrre bollettini meteo.
Indipendentemente dalle temperature rilevate, la CIGO è riconosciuta in tutti i casi in cui il responsabile della sicurezza dell’azienda dispone la sospensione delle lavorazioni in quanto ritiene sussistano rischi o pericoli per la sicurezza e la salute dei lavoratori, ivi compresi i casi in cui le sospensioni siano dovute a temperature eccessive (circolare Inps n. 139/2016 e messaggio Hermes Inps n. 1856/2017). Per quanto riguarda gli ambienti indoor laddove non sia possibile attuare le misure tecniche atte alla riduzione del rischio, il datore di lavoro potrà mettere in atto ulteriori misure organizzative come il ricorso al lavoro agile/smart working, secondo le vigenti disposizioni normative. Le indicazioni per le richieste di integrazione salariale per “eventi meteo” – temperature elevate sono contenute nel messaggio Inps 20 luglio 2023 n. 2729.
Ulteriori indicazioni possono essere tratte dalle note dell’Ispettorato nazionale del lavoro n. 4639 del 2 luglio 2021, n. 3783 del 22 giugno 2022, n. 4753 del 26 luglio 2022 e n. 5056 del 13 luglio 2023, nonché dai documenti, elaborati negli anni passati, reperibili ai seguenti siti:
>https://www.ausl.latina.it/attachments/article/62/Vademecum%20Prevenzione%20in%20agricoltura%20e%20selvicoltura%20Regione%20Lazio%20-%20Versione%201.0.pdf
> https://www.inail.it/cs/internet/comunicazione/news-ed-eventi/news/news-pubbl-guida-gestione-caldo2022.html
> https://www.portaleagentifisici.it/filemanager/userfiles/DOCUMENTAZIONE/INDICAZIONI_RISCHIO_STRESS_TERMICO_1.pdf?lg=IT
> https://climate-adapt.eea.europa.eu/en/observatory/evidence/health-effects/occupational-healthsafety/effects-on-occupational-health-and-safety